mercoledì 8 giugno 2011

AUGURI PER IL SECONDO DECENNIO DEL TERZO MILLENNIO

Quando, dieci anni fa si chiuse il secondo millennio, facemmo festa in tutto il mondo. A voler guardare bene, su questo pianeta non c'era molto da festeggiare, ma si sa com'è l'uomo, é l'unico essere vivente animato dalla speranza, e avendo spezzettato nella sua mente lo scorrere del tempo in particelle discrete, affida a quelle con numeri significativi speranze epocali. Ma la realtà è diversa. Le croste dei secoli e dei millenni precedenti sono ancora li, attaccate nella padella dove cuciniamo la nostra storia. Ancora l'ingiustizia domina il mondo. Ancora miliardi di uomini sono indotti a difendere la loro dignità affidandosi a identità nazionali sempre più evanescenti e ai miti e le leggende scritte in libri arcaici dettati da un qualche Dio.

Dopo la fine del nazionalismo sta per finire l'epoca dell'internazionalismo e stiamo per arrivare alla "globalizzazione" planetaria. Siamo in una fase di transizione, e In questo caos i padroni del pianeta possono fare affari globalmente protetti dalle leggi emanate localmente da cricche di potere corrotte che garantiscono il mantenimento dello status quo nei loro confini. Ma questa fase quanto potrà durare? Io non credo che possa durare un altro decennio. Problemi che già sono globali, come quelli ambientali, del reperimento delle risorse e dell'equa distribuzione del benessere e della conoscenza, richiedono l'attuazione immediata della globalizzazione degli organi di gestione del pianeta. Solo così si potrà fare fronte allo scempio ambientale e umano in atto e dare risposte politiche al terrorismo, reale o artato che sia, che prospera proprio a causa, o per il prolungamento dello stato transitorio in cui ci troviamo.

Dopo la tragedia dell'11 settembre, grazie a questo terrorismo tutta la potenza occidentale (morente) ha potuto posizionarsi impunemente in Medio Oriente e in Asia, con il solito corollario di morte e distruzioni per le popolazioni locali. Ma sembriamo lillipuziani che pretendono di tenere legato il gigante con i loro piccoli fili, perché Inderogabilmente il prossimo decennio vedrà spostamenti epocali del potere sul pianeta, e l'unica possibilità che avremo, come occidentali, di poter gestire l'utilizzo dei nostri valori migliori, e cioè la techne e il pensiero illuminista, risiede nelle nostra volontà di collaborazione per la fondazione di un nuovo potere globale. Non spero nella nostra saggezza, ma i rischi ambientali e umani che corre la nostra specie sono di tali dimensioni che saremo costretti ad uscire dal paradigma del dominio per passare a quello della partecipazione. Gli strumenti tecnico-scientifici a nostra disposizione sono sufficienti e, se li utilizzeremo collocandoli nel quadro di un nuovo "UMANESIMO SCIENTIFICO", potranno darci tutte le possibilità di risolvere i problemi.

Per quanto riguarda le nostre scelte etiche, dobbiamo rinunciare definitivamente all'obiettivo di raggiungere la felicità individuale perché la trappola della ricerca della felicità individuale è responsabile di tutti i mali e di tutte le sopraffazioni ambientali e umane della storia. L'esempio lo abbiamo dagli Stati Uniti, un paese che addirittura ha messo la ricerca della felicità a fondamento della propria Costituzione, e che per questo obiettivo, oltre ad essere in uno stato di guerra permanente sin dalla sua nascita, con i suoi figli che muoiono portando distruzione e morte a tutte le latitudini, è anche responsabile della più alta distruzione pro capite delle risorse del pianeta.
Ma dobbiamo anche convincerci che perseguire l'obiettivo della felicità individuale, oltre che dannoso, è inutile. E che è inutile lo prova il fatto che chiunque abbia una sufficiente esperienza della vita ha dovuto constatare come la sua felicità non è mai derivata dal possesso di beni materiali eccedenti il necessario. Solo la consapevolezza che tutto ciò che di piacevole proviamo spiritualmente o possediamo materialmente ha il suo prezzo, unita alla consapevolezza che la filogenesi dell'uomo comincia dalle particelle elementari che lo compongono, potranno farci sentire parte di un sistema che alla nostra specie concede al massimo la serenità, ma solo a patto di utilizzare il nostro libero arbitrio per perseguire l'equilibrio tra noi e gli altri, e tra noi e l'ambiente che ci determina, ma che non possediamo.
In tutto questo ribollire del pianeta, cosa si fa in Italia? Come sempre siamo l'ultimo baluardo per la difesa di un sistema che sta per finire, e lo siamo sempre in modo originale e creativo. Agli inizi del secolo scorso, quando in altri luoghi si elaborava l'internazionalismo capitalista e comunista che avrebbe portato di fatto alla fine del potere delle nazioni, in Italia si elaborava una forma di nazionalismo parossistica che vedeva in un solo uomo il salvatore della nazione. Di questa nostra battaglia di retroguardia storica il mondo ci deve essere grato. Infatti, con Mussolini e il suo adepto Hitler abbiamo dimostrato ai popoli quanta ferocia e quanta ingiustizia potessero emergere dal concetto di nazione sovrana. Con il nostro esempio catastrofico, di fatto abbiamo contribuito all'instaurazione di un nuovo ordine mondiale.
Oggi, ancora una volta, mentre in altri luoghi ci si prepara alla globalizzazione che porterà alla fine del potere che deriva dal finanziarismo off-shore — ancora protetto dall'esistenza delle nazioni —, ci presentiamo come protagonisti dell'ultimo tentativo di conservazione dello status quo. Infatti, in questa fase di transizione che nel mondo vede collusi ma distinti, gli affaristi e le caste politiche locali, noi Italiani, in modo originale e creativo, grazie ad un solo uomo (aiutato dai suoi alleati xenofobi) in cui trovano la sintesi gli interessi del peggiore finanziarismo internazionale e tutta la amoralità della politica locale ridotta a comitato d'affari, siamo in grado di dimostrare al mondo in modo parossistico fin dove può arrivare lo scempio dell'etica nella vita sociale del modello occidentale. Insomma ancora una volta siamo l'esempio negativo che può stimolare tutti ad andare oltre questa fase di transizione. E ancora una volta il mondo ce ne dovrà esser grato.
Naturalmente il mio augurio per il prossimo decennio è che tutti questi scenari vengano superati, ma questo non potrà avvenire certamente con il contributo dell'opposizione che oggi siede nel nostro Parlamento. La Destra e la Sinistra non avranno nessun ruolo. Uomini come Fini, D'Alema e gli altri, sono solo scorie del '900 che per di più devono ancora rendere conto al ben più antico strapotere Vaticano. Solo Berlusconi è veramente attuale, perché rappresenta l'ultimo baluardo di questo sistema che muore. Quindi, è solo dopo la fine della sua farsa che in Italia sarà possibile procedere verso la democrazia partecipativa consentita dai nuovi mezzi di comunicazione diffusa, per poi poter partecipare utilmente alla costruzione della vera globalizzazione delle coscienze e dei valori.
So che l'impresa e ardua, ma non possiamo fallire, perché se falliremo rimarremo schiacciati dalla globalizzazione paventata nei romanzi di Orwell e Huxley.
Per questo, tutti ci dobbiamo impegnare affinché questo non accada, così che se tutto andrà bene, potremo vivere un "dopoguerra" felice, — vecchi e giovani balleranno nelle aie — e i giovani potranno avere l'opportunità della ricostruzione. Ma attenti ragazzi, per la costruzione del vostro futuro fidatevi solo delle parole di quei "vecchi" che si sono fatti carico della colpa di avervi lasciato un mondo peggiore di come lo avevano ricevuto e agiscono per rimediare. Avete esempi innumerevoli, ma dovete volerli cercare perché essi non accedono agevolmente ai mezzi di comunicazione del potere. Cercateli su Internet, nelle manifestazioni culturali e artistiche, nella scuola e nelle università, nelle fabbriche e negli uffici e anche negli apparati dello Stato. Insomma cercate dovunque ci siano uomini che nonostante il degrado morale che li circonda, fanno andare avanti questo paese. Non potete sbagliare nel riconoscerli, sono quelli che subiscono l'ostracismo del potere e spesso anche degli stessi apparati di cui fanno parte. Alcuni di questi uomini sono riusciti anche a fondare organizzazioni e movimenti culturali che sono facilmente riconoscibili dalla forma partecipativa delle loro strutture di gestione e dalla gratuità dell'impegno profuso dai loro affiliati. Queste sono le sole persone che potranno aiutarvi a costruire un mondo migliore, però il grosso del lavoro spetta a voi, ma se ci riuscirete godrete del rispetto e della gratitudine dei vostri figli, e non dovrete scusarvi per il mondo che gli lascerete come è accaduto per noi.

Buon lavoro, e auguri a tutti per il prossimo decennio.

Francesco Pelillo

giovedì 2 giugno 2011

LETTERA APERTA AD UN BUDDISTA

Gentilissimo Buddista, dopo l'esposizione delle sue tesi sul Buddismo, sento il bisogno di esporle alcune riflessioni a proposito di alcuni assunti della sua dottrina.

1) Se io vedo e non guardo, sento e non ascolto, assaggio e non assaporo — in altre parole non annetto aggettivi ai nomi, e qualità ai fatti —, e se tutti gli uomini avessero fatto sempre così, cosa ne sarebbe stato dell'accumulo culturale che ci ha fatto passare dallo stato di raccoglitori all'uomo tecnologico? So che questo è costato molto, al pianeta e all'umanità, ma senza la stratificazione delle nozioni (anche di quelle errate), l'evoluzione della mente umana si sarebbe cacciata in un vicolo cieco. Saremmo come i gatti, che vedono il mondo e hanno opinioni su di esso solo sulla base della loro esperienza di vita individuale.
Io per parte mia, devo dire che, considerando tutti i dolori e i piaceri della mia vita, mi sono trovato bene facendomi attraversare da tutte le contraddizioni che provengono dall'imperfezione delle opinioni, se non altro anche per tentare di poter individuare quelle esatte. E ho deciso di non tentare di raggiungere la Sapienza o il Nirvana per non perdere l'opportunità che mi è stata data con la vita, di partecipare da attore allo spettacolo delle vicissitudini umane, e da spettatore interessato di quelle cosmiche.

2) Con il raggiungimento del Nirvana dove va a finire la carità? Il pericolo che si corre riuscendo ad astrarsi dai propri dolori, e che perdiamo la possibilità di partecipare a quelli degli altri per empatia. Perché l'empatia, o se si preferisce, i nostri neuroni specchio, sono in grado di farci proiettare sull'altro solo le immagini che possediamo. Vere o false che siano.

3) Quanto all'interdipendenza e al divenire della realtà sono del tutto d'accordo, e vivo da anni secondo queste verità. Ma non per astrarmi dalla concretezza delle singole cose, ma semmai per cercare di coglierne l'esatta natura.

4) Quanto alla soddisfazione con cui tutti gli umanisti — e nel caso del buddismo siamo ai più alti livelli — vedono la conferma dei loro assunti da parte della scienza (magari dopo duemilacinquecento anni), a me sembra che questo denoti una sorta di necessità che rasenta la sudditanza verso il metodo scientifico. Io non penso che le cose stiano esattamente così. La scienza da sempre opera il vaglio delle intuizioni, che siano umanistiche o scientifiche, o che derivino da speculazioni intellettuali come da esperimenti tecnologici. Quindi non vi è nessuna supremazia metodologica nell'esplorazione della realtà, quando si opera nel quadro dell'unificazione delle due culture. Gli scienziati e i filosofi sono pur sempre uomini...

COSMOLOGIA E SOCIOLOGIA DEL TAPPETO ELASTICO

Ieri ho portato le mie nipotine al parco giochi e hanno voluto andare a saltare nella gabbia con il tappeto elastico insieme agli altri bimbi. Li ho guardati tutti divertirsi pazzamente e avrei voluto essere sul tappeto con loro, ma, per un nonno... non mi è sembrato il caso... Non mi è rimasto che osservarli e fare qualche considerazione.

Il tappeto elastico, prima del loro ingresso, si trovava nello stato di massima entropia – proprio come l'universo prima che avesse corso l'asimmetria iniziale –. Una condizione piatta, priva di informazioni e piuttosto monotona, che il loro arrivo ha mutato radicalmente perché ha prodotto i primi fatti sintropici. Appena i bimbi hanno cominciato a saltare, le buche che si formavano sotto il loro piedi apparivano e scomparivano continuamente – la curvatura dello spazio a causa della gravità era chiara –. Volendo assumere che il tappeto rappresenti l'universo mi è stato chiaro che ero di fronte a deformazioni descrivibili, ma descrivibili in due modi a seconda che il "tappeto della realtà" lo si osservi dal di sopra o dal di sotto. Infatti, viste dal di sotto, tutte le protuberanze sono perfettamente misurabili e descrivibili pur non sapendo che cosa le produca e come. Si possono fare illazioni, anche molto vicine alla realtà, ma nessuno le può provare e perciò, essendo opinabili, si resta nel campo della metafisica – che è poi un modo elegante di chiamare l'ignoranza –. Ma guardando dal di sopra, tutte quelle protuberanze appaiono come buche e, siccome si vedono i bambini saltare, ci sembra di sapere come e perché appaiono e scompaiono. Almeno così credono i gli scienziati che si accontentano di osservare e utilizzare i fatti senza porsi il problema delle loro conseguenze sul lato inferiore del tappeto... Solo quando mi sono posto con gli occhi al livello del piano del tappeto ho potuto capire che le le protuberanze e le buche si formano contemporaneamente (entanglement?) e che l'interdipendenza tra gli effetti dei salti di ognuno e la tendenza alla massima entropia del tappeto erano alla base del divertimento. Ogni bimbo usufruiva dell'energia liberata nel tappeto dai salti degli altri e dalla tendenza alla massima entropia del tappeto stesso, e io potevo finalmente descrivere chiaramente questa realtà grazie ai dati che mi provenivano dalla visione metafisica e scientifica dei fatti... (Umanesimo Scientifico?). Ero soddisfatto delle mie conclusioni ma, avendo ancora tempo, ho voluto fare ulteriori considerazioni sul piano sociologico e, abbandonato "l'universo tappeto", ho cominciato ad osservare il comportamento dei bimbi.

Sul tappeto dentro la gabbia i bimbi erano in allegra competizione: chi faceva la capriola, chi saltava sul sedere, chi con le gambe rigide, chi volava agitando le braccia. Tutti con gridolini di gioia individuale alimentata da quella collettiva. Era bello starli a guardare, ma, ad un certo punto, due fra i più robusti tra loro hanno cominciato ad impedire agli altri di saltare liberamente trattenendoli e scontrandosi con essi. La competizione si era trasformata in sopraffazione e alcuni più piccoli piagnucolavano, mentre altri facevano gruppo per contrastare gli sbruffoni. Ho avuto l'istinto di intervenire, ma poi ho pensato che anche quello che stava accadendo potesse essere utile per l'educazione delle mie nipotine. Mettere ordine dall'alto, magari regolamentando i salti a turno o, peggio ancora, facendo saltare tutti all'unisono, avrebbe annullato la gioia e l'impegno di tutti. La bellezza e la creatività di tutta la situazione sarebbe andata perduta e sicuramente, per le mie bimbe, ci sarebbe stato molto meno da raccontare alle loro mamme. Insomma, ci sarebbe stata meno vita nella loro vita... Allora? Continuiamo a lottare così. Con tutte le sue variabili negative e positive la vita e bella!

Francesco Pelillo

APPELLO PER LA FONDAZIONE DI UN NUOVO UMANESIMO SCIENTIFICAMENTE CONSAPEVOLE

- Perché continuiamo a dividere la sapienza dalla conoscenza, l'Essere dal Divenire e quindi, in definitiva, il cosiddetto spirito dalla cosiddetta materia? 


- Quale approccio alla Sapienza, anche frutto delle migliori intuizioni, è possibile se non è continuamente risolto il nostro rapporto con le cose che appaiono ai nostri sensi che, per quanto fallaci, sono gli unici strumenti che possediamo per indagarle?
- Dopo quindici giorni di digiuno alimentare, cosa rimane delle capacità del nostro strumento cerebrale che è poi quello che ci consente di pensare e di intuire?


- E dopo una vita di digiuno dalle nozioni scientifiche su tutto ciò che è in divenire, da cosa potranno scaturire le nostre intuizioni su ciò che é l'Essere?



Io penso che per la ricerca della verità, siamo costretti a partire dall'uomo, anche perché così come è, è già il paradigma della realtà in toto, poiché è dotato dei sensi per entrare in rapporto con il Divenire, e così può alimentare di dati la sua struttura neuronale che gli consente di indagare l'Essere.
 Infatti, solo analizzando ciò che ci appare, siamo arrivati a conoscere i comportamenti fino al livello quantistico, di quella che ancora chiamiamo materia, e vi abbiamo trovato principi di indeterminazione e di non località che abbiamo sempre attribuito all'Essere. E solo analizzando le radici bio-chimiche neuronali di quello che ancora chiamiamo Spirito, abbiamo trovato principi di determinazione causale che sono propri del Divenire. 

Arrivati a questo punto, non ci resta che accettare che la realtà sia biunivoca, e si rivela come risultato sempre raggiunto e mai consolidato del continuo confronto di quelle due forze primeve contrapposte, che sono alla base della costituzione della nostra dimensione e che determinano l'esistenza di quella unica cosa che da oggi potremo chiamare "spiriteria". 
Infatti la constatazione di una sorta di "spiritualità" della materia a livello quantistico e di una sorta di "materialità" biochimica degli atti dello spirito, ci portano a questo approdo che ci obbliga ad indagare tutto il comportamento umano con tutte le sue proposizioni di tutti i tempi e di tutte le civiltà con occhi nuovi, che non consentono più apprezzamenti morali e giudizi sui nostri atti spirituali e materiali, se non avvengono alla luce della necessità di sopravvivenza dettate dal libero arbitrio, che a loro volta sono frutto delle necessità della Spiriteria. Perché tutto ciò che pensiamo e facciamo è sempre il risultato di una sola regola: la continua ricerca dell'equilibrio da parte di ogni individuo, sia tra i suoi stati fisici e psichici interni che nel suo rapporto con l'ambiente naturale e sociale che lo accoglie. 
E, forse per questo che, anche se in modo inconsapevole, un certo grado di sapienza mi sembra sia stata sempre continuamente raggiunta e difesa, ed consistita nella capacità di continuare ad esistere come specie, utilizzando senza distruggerlo totalmente e definitivamente, il substrato che ci determina, cioè la Biosfera del nostro Pianeta. Questo, in varia misura (e magari nel caso della civiltà occidentale degli ultimi tre secoli nel peggiore dei modi) la maggioranza degli uomini lo ha sempre fatto, altrimenti non saremmo ancora qui, e sono convinto che con la attuale maggiore consapevolezza del baratro ambientale e umano su cui ci troviamo, lo faremo ancora in avvenire a patto che noi, con la nostra cultura umanistica, la smettiamo di annaspare nella spiegazione delle spiegazioni passate, cercando la verità nella somma delle ipotesi sulla verità che furono formulate da pensatori, che nel migliore dei casi erano fondate sui dati scientifici disponibili nel loro tempo. Perché è così facendo che oggi ci tocca di assistere impotenti alla formulazione di ipotesi sulla realtà in toto, da parte di scienziati e tecnocrati che indagano il Divenire per come appare nei loro esperimenti e non curano o addirittura deridono le nostre indagini sull'Essere.


Quindi noi che aspiriamo alla Sapienza, dobbiamo avere l'umiltà di sforzarci di conoscere i dati disponibili sui fatti del Divenire, magari finendo per contribuire ad ampliarli con le nostre intuizioni, perché solo così potremo tentare di formulare e divulgare ipotesi nuove sulla reale posizione dell'uomo nell'universo. Questo è quello che intendo per UMANESIMO SCIENTIFICAMENTE CONSAPEVOLE.

 Per capire l'utilità e la necessità di tutto questo sforzo intellettuale, proviamo ad immaginare quali risultati avrebbero ottenuto uomini come Kant o Freud, se per indagare la realtà fisica e psichica avessero avuto a portata di mano i dati scientifici e gli strumenti di indagine tecnologici che oggi sono a nostra disposizione, ma che molti di noi ignorano con la supponenza di chi non vuole uscire dai propri schemi culturali e si guarda bene dall'esplorare nuove realtà che li potrebbero mettere in discussione.
 Quindi dobbiamo attuare un programma di unificazione della cultura umanistica e scientifica partendo dall'unificazione delle varie posizioni che vi sono all'interno di ognuna di esse
. Per tutto questo molto resta da fare, perché solo dopo la correlazione in parallelo di tutti i dati umanistici e scientifici in nostro possesso (magari utilizzando quelle stesse tecnologie informatiche che tanto ci angustiano), si potrà tentare di sviluppare e divulgare una Teoria del Tutto che serva a farci passare dalla conoscenza umanistico-scientifica alla Sapienza. Condizione indispensabile per lo sviluppo armonico dei rapporti umani e del rapporto dell'umanità con l'Universo.


Questo, secondo me, è il mandato che dobbiamo assolvere se vogliamo che il ruolo degli umanisti abbia ancora una qualche utilità per lo sviluppo dell'umanità futura