martedì 30 settembre 2014

APPROCCIO SISTEMICO. PERCHÉ?

Con queste poche righe cerco di chiarire le ragioni del mio entusiasmo nell'aderire all'approccio sistemico.
Da decenni sostengo la necessità di promuovere la visione unitaria della realtà, e cerco in ambito filosofico e scientifico tutte le proposizioni e le prove sperimentali che possano avvalorarla. In questo percorso ho abbracciato incondizionatamente il Divenire eracliteo, l'Evoluzione darwiniana e la Relatività ensteniana estendendo però la loro valenza in tutti gli stati in cui si presenta la realtà. Così, ad esempio, penso che MUTAZIONE e SELEZIONE governino anche l'evoluzione dei processi fisici, dalla scala quantistica a quella astrale, e penso che la RELATIVITÀ delle "posizioni" psichiche individuali spieghi le diverse declinazioni delle azioni umane. Quanto alle infinite variabili che influenzano e determinano il DIVENIRE di tutti i processi attuativi, penso che emergano dalla necessità della Ricerca Dell'Equilibrio (RDE) interno di ogni stato che, per difendere i "confini" della propria località, deve estromettere i fattori di squilibrio che poi andranno a formare gli stati successivi, e contemporaneamente deve gestire al suo interno i fattori di squilibrio che, per la stessa ragione, sono stati espulsi dai processi di formazione degli stati che lo precdono. Così finendo per determinare ed essere determinato da quello che chiamiamo ambiente.
Poiché, in questa mia visione frattale di interdipendenza totale tra tutti i processi attuativi locali e tra di essi e quelli ambientali — che ci appaiono con caratteristiche che sono definite solo dalle peculiarità dei nostri "strumenti" di osservazione — è impossibile effettuare qualsiasi indagine utile alla conoscenza globale con un approccio lineare, viene da sé che io abbia individuato nell'approccio sistemico l'unico modo di procedere per una rappresentazione quanto più possibile attinente alla realtà.
La marcia in più che ho trovato nell'approccio sistemico, è che esso consente di abbandonare la ricerca di un impossibile "approdo" alla sintesi — che è poi quella che con i suoi mille approdi, ci ha condotto al meccanicismo e ai disastri che ne sono conseguiti — per sostituirla con il continuo "perseguimento" di essa. Cosa che, quando riesce, lascia alle nostre spalle un continuo flusso di risultati che rappresentano la realtà in modo dinamico, e quindi più preciso, perché in sintonia con il suo divenire. Insomma, l'approccio sistemico riassume in pieno e conferma tutte le mie convinzioni sul divenire della realtà e sulla necessità di inseguire i suoi processi di formazione per poterla conoscere. Poi, in più, ritengo che tutto questo abbia implicazioni filosofiche enormi, perché smonta tutte le accuse mosse al metodo scientifico da parte degli umanisti più retrivi (che purtroppo dominano ancora la scena culturale italiana) e consente a quelli più aggiornati di "sistemare" il vecchio mondo delle idee nel nuovo quadro scientifico che si sta sempre più delineando. Cosa che dovrebbe consentirci di realizzare il sogno della fondazione di un nuovo Umanesimo Scientifico per il terzo millennio...

Francesco Pelillo

martedì 22 aprile 2014

TRANSUMANESIMO COME SOLUZIONE



Negli ultimi tempi, innumerevoli articoli e studi ci avvisano delle peculiarità e dei rischi legati alle tecnologie informatiche, ai big data e alle reti neurali. Si avvicina il momento della singularity in cui avverrà il sorpasso delle capacità della mente umana da parte delle cosiddette intelligenze artificiali. Questo, oltre agli addetti ai lavori, come filosofi, sociologi e scienziati, coinvolge emotivamente molte persone semplicemente informate che vedono minacciata l'immagine stessa che abbiamo dell'uomo.
Anche io sono tra questi, e partendo dalla mia visione olistico-sistemica della Realtà che vede nell'interdipendenza di tutti i fenomeni la possibilità di pervenire a una qualche soluzione condivisibile, mi sono posto molte domande alle quali voglio tentare di dare risposta.

Ammesso che succeda tutto quello che si paventa e la singularity si realizzi, chi ne sarà stato l'artefice?
Io credo che la risposta a questa domanda dovrebbe di per sé aiutarci ad affrontare anche tutti i nostri dubbi sul futuro che andiamo preparando: L'artefice è l'uomo, e l'uomo è un prodotto di questa realtà. Potrà mai fare qualcosa che questa realtà non possa contemplare e gestire?

A mio avviso quello che rende angosciante questo scenario è solo la nostra ingenua e al tempo stesso arrogante posizione antropocentrica in senso individualista che presuppone l'esistenza del nostro libero arbitrio, e che si sta rivelando sempre più inconsistente.
Se si pensasse che noi stiamo semplicemente evolvendo in complessità e che l'uomo sia solo una cellula di un organismo di cui non conosce gli scopi, risulterebbe evidente che non abbiamo una base che ci consenta di giudicare positivamente o negativamente i potenziali risultati delle nostre azioni collettive. E questo dovrebbe farci porre alcune domande onestamente ineludibili:

A fronte di una storia che da migliaia anni continua ad offrirci massacri, ingiustizie e sperequazioni fondate sul dominio dell'uomo sull'uomo, un qualsiasi "macchinismo" che ci governasse, potrà mai fare peggio di noi?

A fronte del fallimento "operativo" di tutti messaggi di giustizia e di pace di uomini che regolarmente abbiamo assassinato, non sarà meglio affidare il compito della gestione dell'etica universale a algoritmi matematici non manipolabili per fini di parte?

Abbiamo inventato Dio per sanare le nostre nequizie nell'aldilà. Nella vana attesa che questo si avveri in un luogo ipotetico, non sarebbe meglio cominciare ad allestire apparati che se ne occupino nell'aldiqua?

Capisco tutte le paure e i dubbi che suscitano le risposte a queste domande, ma questo mi ricorda le resistenze degli aristocratici all'avvento dell'illuminismo…
Oggi. è solo questa nostra "aristocrazia" planetaria del miliardo d'oro che può avere paura dell'avvento di sistemi esclusivamente "logici" nella gestione equa e consapevole delle risorse del pianeta. Ma, almeno la metà dei suoi abitanti e i milioni di morti di fame e di malattie che accompagnano il nostro benessere, cosa avrebbero da perdere dalla scomparsa delle nostre millenarie quanto praticamente inutili elucubrazioni "umanistiche"?

Dall'inzio della Storia, eticamente e moralmente non abbiamo fatto un solo passo in avanti. Solo la scienza e la tecnica hanno caratterizzato la nostra evoluzione, quindi, solo loro ci possono dare la speranza di superare questi nostri miserandi confini esistenziali.
Si tratta di un cambiamento di paradigma epocale. Forse, "l'uomo non più al centro dell'universo" è stato solo la metafora di quello che si va prospettando come "l'uomo non più al centro dell'Umanità".
Per questo l'avvento del nuovo transumanesimo è il solo passo conseguente e necessario in cui io ripongo le mie speranze.

Francesco Pelillo